Sequenziato il genoma dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos)
LA GENETICA IN AIUTO ALLA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE?
Aprile 2014: Jacqueline M. Doyle e l’equipe del Dipartimento delle Foreste e delle Risorse Naturali della Purdue University (Indiana, USA) pubblicano un lavoro che descrive il sequenziamento del genoma di uno dei più affascinanti e ammirati rapaci dei nostri cieli.
L’Aquila reale non è più un segreto, almeno in quella che è la sua struttura più interna, invisibile ai nostri occhi. Oggi, 16.571 geni sono stati annotati dal suo DNA e per gli Autori emerge la speranza forte che questa loro fatica aiuti gli uomini di buona volontà a trovare risposte concrete per salvaguardarne la sopravvivenza.
Il genoma rappresenta il materiale genetico di un essere vivente. Il DNA (Acido DesossiriboNucleico) è la molecola che contiene le informazioni necessarie sulle quali è “costruito” un organismo, sia esso vegetale o animale. L’unità d’informazione è il gene. A partire dall’informazione contenuta in un gene, attraverso un processo di sintesi proteica, si costruisce una specifica proteina. Quindi l’espressione dei geni, mediante sofisticati meccanismi di regolazione, ci racconta un essere vivente nella sua complessità biologica, che tuttavia è anche soggetta all’azione dell’ambiente.
Oggi il sequenziamento d’interi genomi, la predizione dei geni o della struttura tridimensionale e quindi funzionale di una qualsiasi proteina a partire da una sequenza aminoacidica sono la quotidianità per chi lavora in ambito bioinformatico. Esistono database come GenBank (NCBI – National Center for Biotechnology Information, USA), EMBL (European Molecular Biology Laboratory), DDBJ (DNA Data Bank of Japan), con una quantità enorme d’informazioni che riguardano la genetica degli esseri viventi, così come esistono programmi che permettono la ricerca all’interno di questi database.
In questo lavoro è stato prelevato un campione di sangue da un individuo maschio di Aquila reale, catturato nella Sierra Nevada (California) e poi rilasciato. Ne è stato estratto il DNA e attraverso la tecnica della PCR (Polymerase Chain Reaction) è stato confermato geneticamente il sesso dell’animale.
Il genoma è risultato avere una grandezza (numero di coppie di basi in un genoma aploide) stimata tra 1,28 e 1,48 Gb (1 Giga base pairs = 1.000.000.000 coppie di basi). I genomi di circa una dozzina di uccelli sono stati sequenziati e pubblicati fino ad oggi, tra questi due appartenenti ai rapaci, il Falco sacro (Falco cherrug) e il Falco pellegrino (Falco peregrinus). Sono tutti presenti nel database di NCBI.
Il lavoro ha previsto anche il sequenziamento del genoma del DNA mitocondriale dell’Aquila reale (i mitocondri sono organuli della cellula e sedi energetiche); è risultato composto da una sequenza di 17.332 coppie di basi. Le analisi del DNA mitocondriale hanno evidenziato il periodo di separazione dell’Aquila reale da altre due distinte specie di rapaci: rispettivamente dall’Aquilastore montano (Nisaetus nipalensis) da cui si sarebbe separata circa 2,1 milioni di anni fa e il cui genoma mitocondriale ne è risultato identico al 92% e dal Falco pellegrino (Falco peregrinus) circa 4,6 milioni di anni fa.
Il sequenziamento del genoma nucleare permetterà di conoscere più a fondo i processi biologici e gli adattamenti dell’Aquila reale. Gli Autori, nello specifico, hanno fatto riferimento a 57 geni associati all’olfatto (recettori olfattivi, OR), di cui si ritrova una quantità simile sia nel Falco sacro che nel Falco pellegrino. L’importanza dell’olfatto negli uccelli, nell’orientamento ad esempio, è stata supportata da pochi studi sinora effettuati; con molta probabilità la presenza di questi geni potrà stimolare ulteriori lavori che potranno indagare come funziona il senso dell’olfatto nell’Aquila reale e in quale modo essa lo utilizza; come anticipano gli Autori, l’olfatto potrebbe risultare coinvolto nella localizzazione delle carogne nella foresta.
Un altro preciso risultato è emerso rispetto all’analisi del gene per l’opsina e alla visione dell’Aquila reale che si è rivelata sensibile alla luce violetta, ossia a lunghezze d’onda superiori a 400 nm, piuttosto che all’ultravioletto (lunghezze d’onda inferiori a 400 nm.). Questa evidenza è supportata da altri lavori effettuati proprio sulla visione dei rapaci. La proposta di alcuni scienziati di utilizzare delle vernici riflettenti l’ultravioletto sulle pale eoliche per aumentarne la visibilità non è quindi, alla luce dell’analisi dei geni associati alla visione, attuabile per l’Aquila reale.
In questo senso tuttavia sarebbe necessario riflettere sulla complessità che caratterizza un individuo e che si esprime non solo attraverso la sua dimensione genetica, ma anche con una varietà di comportamenti innati o appresi nell’arco della sua esistenza che lo completano necessariamente per poter sopravvivere. Ci si dovrebbe domandare se sia corretto basarsi unicamente sul dato genetico per affrontare il problema della conservazione della specie, soprattutto considerando gli impatti mortali causati dalle collisioni con le turbine eoliche. Un aspetto che potrebbe essere dominante e legittimamente tale nel grande rapace è la componente comportamentale associata all’istinto predatorio; quest’ultimo sarebbe preponderante nei suoi territori di caccia e continuerebbe ad esserlo anche in presenza di torri eoliche. La preda costituisce in effetti un forte stimolo e il concentrarsi su di essa rappresenta un comportamento “vitale” e naturale che appartiene da sempre a questo grande predatore.
Oggi non siamo in grado di tutelare l’Aquila reale da un impianto eolico come meriterebbe davvero. Quindi dovremmo essere noi a fare un passo indietro, dovremmo pensare di non invadere il suo spazio vitale, invece di cercare di trovare per forza un palliativo da applicare alle pale (vernici, segnaletica varia, ecc.), che tutto sommato metterebbe a tacere la nostra coscienza.
Il sequenziamento di un genoma è l’inizio di un viaggio all’interno di una specie, ma nessun viaggio può essere davvero completo se non si acquisisce la capacità di entrare in sintonia con colui che andiamo a conoscere, e ciò significa rispettarne le caratteristiche naturali e comportamentali e anche gli spazi vitali esterni, affinché il nostro spazio possa essere contiguo al suo e mai unilateralmente sovrapposto.
Il comportamento di un essere vivente, in riferimento alla sua conservazione, dovrebbe essere tenuto in considerazione almeno tanto quanto la sua stessa natura genetica. Il Dr. Jane Goodall, etologa e primatologa di fama mondiale, ritiene l’empatia un elemento fondamentale che può guidare il percorso di conservazione di una specie; forse cercare di comprenderne il comportamento avvicinandosi anche emotivamente, significherebbe riuscire a “immergersi” nel suo mondo, quel tanto che ci impedirebbe di distruggerlo.