Il traffico degli uccelli rapaci in Europa

Intervista al dott. Marco Fiori, Dirigente del Servizio Cites Nazionale del Corpo Forestale dello Stato.

di redazione | 26 ottobre 2010

GEAPRESS – Chi si ricorda che il 2010 è l’anno internazionale della Biodiversità? La ricchezza biologica del nostro pianeta dovrebbe essere preservata e tutelata. Eppure basta una piccola modifica ad una legge per avviare la catastrofe. Dal 1992, infatti, la falconeria come mezzo di caccia è divenuta legale. Prima di allora alcune regioni del sud Italia erano preda solo di bracconieri stranieri, soprattutto tedeschi. Un fenomeno, per quanto grave, comunque circoscritto ad una sorta di filiera della totale illegalità. Si iniziava dai nidi da depredare in Sicilia come in Calabria, si continuava in un centro di falconeria in Baviera, per finire sul braccio di un falconiere arabo. Ma dal 1992 le cose cambiarono. Nella “filiera” dell’illecito si sono innestati percossi di legalità che sono subito diventati luoghi di riciclaggio. Da allora si sono iniziati a specializzare bracconieri locali, ovvero predoni mercenari al servizio di chi, in nord Italia come in centro Europa, si arricchisce sul traffico degli uccelli rapaci.

Nascono dei centri finalizzati al riciclaggio che iniziano così a godere di privilegiati punti di appoggio locali. Buoni conoscitori dei luoghi che armati di corde da alpinista raggiungo velocemente il nido su una parete rocciosa, e prelevano i nidiacei. Può allora succedere che se la Forestale prova a controllare, ad esempio, un allevamento siciliano come austriaco vengano mostrati certificati di copertura attestanti la nascita in cattività dei rapaci.

Può darsi, però, che siano stati presi nei nidi siciliani, inviati poi in Austria e da lì fatti rientrare con certificazione Cites spagnola rilasciata, all’origine, per un rapace ormai morto da tempo. In Italia, poi, vi sono altri centri intermedi collocati all’interno di zoo e parchi faunistici, magari tra quelli che si servono, come tutti, della pubblicità della difesa della biodiversità. La destinazione dei rapaci riciclati? Anche parchi faunistici-zoo e soprattutto spettacoli di falconeria specializzati in rivisitazioni medioevali. Di quelli che le amministrazioni comunali o provinciali pagano in occasione di feste locali.

Fantascienza? Niente affatto. GeaPress ha intervistato il Dirigente del Servizio Cites Centrale dell’Ispettorato del Corpo Forestale dello Stato. Questa estate, sotto la direzione del dott. Marco Fiori (nella foto), il Corpo Forestale dello Stato ha messo a segno un duro colpo all’organizzazione che, ramificata in più paesi, sta portando a termine l’estinzione di numerose specie di uccelli rapaci. Quelli che rischiano di più: Capovaccaio e Aquila del Bonelli. Quest’ultima ha la sua roccaforte in Sicilia. Stimata in circa 15 coppie, in due anni ha subìto la depredazione di non meno di sette-otto pulcini. Per capire la gravità della cosa basti pensare che l’Aquila del Bonelli depone al massimo due uova, ed i giovani, come molti rapaci, vanno già naturalmente incontro ad una mortalità molto elevata. Un po’ come spingere un suicida sull’orlo del baratro.

GEAPRESS – dott. Fiori, il Corpo Forestale dello Stato ha scoperto un mercato di uccelli rapaci a dir poco preoccupante. Una strana catena che presenta utili trampolini di riciclaggio. Iniziamo dagli anelli più bassi.
Dott. Fiori – Sono senz’altro i basisti. In Sicilia sono loro a prelevare le nidiate.

GEAPRESS – E poi?
Dott. Fiori – E poi ci sono i centri di smistamento, localizzati in Germania ma anche in Italia. Fanno a loro capo i documenti che faranno entrare nel mercato legale gli animali in realtà prelevati dai nidi.

GEAPRESS – Da dove provengono i documenti per il riciclaggio?
Dott. Fiori – Possiamo con certezza dire che li abbiamo scoperti di provenienza spagnola e belga. Si trattava di animali morti ma il documento continuava a servire …

GEAPRESS – …. per altri animali, ma vivi?
Dott. FIORI – Infatti. In alcuni paesi si sta riuscendo a venire a capo dei punti deboli. E’ difficile pensare che questi documenti possano circolare così liberamente.

GEAPRESS – Cosa vuole dire?
Dott. Fiori – In Germania sembra che vi sia qualche cosa che non va nei passaggi tra le Autorità dei Länder e quelle centrali.

GEAPRESS – E’ possibile che il documento Cites di copertura possa essere acquistato?
Dott. Fiori – Certo, chi è nell’ambiente illegale sa evidentemente come fare. I prezzi variano da mille a duemila euro. Per gli animali, invece, si parte da tre-quattromila euro fino ad arrivare a 15.000 euro per una Bonelli ed anche oltre. Di fatto si è costituita in questi anni una vera e propria rete transnazionale, ma anche noi ci siamo organizzati per sconfiggerla.

GEAPRESS – Come?
Dott. Fiori – Non tutto si può dire ma le Autorità Cites sparse nei paesi europei hanno avuto dei proficui incontri, anzi …

GEAPRESS – Anzi …..
Dott. Fiori – Le polizie competenti, tra le quali per l’Italia la Sezione che dirigo, ormai collaborano. Abbiamo da tempo una fattiva collaborazione. In un incontro non più recente avvenuto a Tarvisio si sono gettate la basi. Una prima grande operazione che abbiamo portato a termine proprio sul traffico di rapaci, ha riguardato pure uova di Condor più duecentocinquanta animali vivi. Il trafficante era un austriaco ma gli animali provenivano da Turchia e Grecia passando per l’Italia. La rete scoperta è enorme.

GEAPRESS – Un austriaco?
Dott. Fiori – L’Austria è risultata essere un paese strategico per questi traffici, ma è coinvolta la Germania, l’Olanda, il Belgio, la Spagna, il Regno Unito. Pensi che il Belgio ha molto a che fare con l’Aquila del Bonelli trafugata a Butera, in provincia di Caltanissetta. In Spagna sono state sequestrate, le parlo di questa estate .., otto Aquile del Bonelli. Si tratta di dati allarmanti.

GEAPRESS – Ed i centri italiani compiacenti? Erano parchi faunistici, ovvero zoo.
Dott. Fiori – Avevano sicuramente documentazione falsa. Bisogna vedere se ne erano a conoscenza.

GEAPRESS – Ma, avete sequestrato animali, magari se vi sono indagini in corso…
Dott. Fiori – Le perquisizioni domiciliari hanno riguardato le provincie di Pavia, Milano, Reggio Emilia, Catania e Ragusa. Anche il Friuli è coinvolto. Si, si sono operati dei sequestri anche di Capovaccai. Alcuni animali, poi, non sono recenti, intendo dire degli ultimi mesi. Noi continuiamo a lavorare. La LIPU ed il WWF fanno un lavoro di monitoraggio importantissimo. Vi sono pure filmati che ritraggono i bracconieri al nido …

GEAPRESS – Mi sembra di capire che in Sicilia si preleva ….
Dott. Fiori – Per la Sicilia abbiamo avuto i riscontri più importanti, ma le indagini riguardano anche la Calabria, la Puglia e la Campania. In tutto sono indagate 18 persone, ma vedremo gli sviluppi. Sull’Aquila del Bonelli, ad esempio, i conti non tornano, forse i destinatari erano ancor di più. Di sicuro nei luoghi vi erano continui movimenti di personaggi sospetti.

GEAPRESS – Quali specie sono interessate?
Dott. Fiori – Aquila del Bonelli, ma anche Aquila reale, poi Falchi pellegrini, Lanari, Gheppi, Grillai. La richiesta è molto elevata. Ormai vi sono delle vere specializzazioni individuali.

GEAPRESS – Rischi di estinzione?
Dott. Fiori – Capovaccaio e Aquila del Bonelli soprattutto.

Fino a pochi giorni addietro il Corpo Forestale dello Stato (vedi articolo GeaPress) ha rinvenuto nella casa palermitana di un probabile prestanome, numerosi uccelli rapaci. Di questa estate, invece, la maxi operazione (vedi articolo GeaPress) dove 47 uccelli rapaci sono stati sequestrati in tutta Italia, mentre altre operazioni, sempre nel recente passato, sono state portate a termini così come evidenziato nella intervista al dott. Fiori. Le pene per i trasgressori variano da tre mesi ad un anno ed ammenda compresa fra sette e settantacinquemila euro. I reati sono il commercio illegale di specie protette, falso e ricettazione.

Fonte: http://www.geapress.org/caccia/il-traffico-degli-uccelli-rapaci-in-europa/7589