Aquile reali uccise, ancora noi …
È il 5 maggio quando la carcassa di un individuo adulto di Aquila reale viene ritrovata nella Valle del Tenna in pieno Parco Nazionale dei Monti Sibillini. La carcassa sottoposta ad esame radiografico mostra la presenza di quatto pallini da cartuccia di arma da fuoco. Nel Parco è il terzo caso in 15 anni di Aquila reale colpita da arma da fuoco. Le altre due aquile riportarono invalidità permanenti e non poterono più essere liberate in natura.
Il 16 maggio in Alto Adige, in località Gais, Val Pusteria, una femmina di Aquila reale viene trovata uccisa nel suo nido mentre era in cova delle sue due uova con dentro pulcini già ben formati le quali, visto il periodo, probabilmente erano prossime alla schiusa.
Ci risiamo. Gli ennesimi episodi, nel nostro bel paese, espressione di una mentalità brutale ed ignorante molto probabilmente finalizzata al proprio tornaconto economico. L’Aquila reale è un animale protetto dalla legge italiana ed europea e, nonostante ciò, c’è chi continua ancora a spararle. La memoria non si perde e ritorna amara a quegli anni in cui questi animali, insieme ad altri grandi predatori come lupi, orsi, linci, venivano considerati “nocivi” ed in competizione sia con i cacciatori locali per la selvaggina e sia con gli allevatori. Oggi tutti più o meno abbiamo accesso alla carne, esistono allevamenti di animali che soddisfano il fabbisogno della nostra intera popolazione nazionale. Che necessità c’è ancora di sparare? A mio parere, oggi la caccia non ha più motivo di esistere. Se sta tornando lo spettro di pensare questi animali come “nocivi” significa che ancora non abbiamo capito quanto il loro ruolo sia fondamentale per gli ecosistemi in cui vivono e quanto ancora siamo accecati dal nostro antropocentrismo contrapposto al valore, sempre più rilevante di questi tempi, del rispetto della natura e dei viventi.
Pensando a queste due aquile uccise o ad altre ritrovate ferite in precedenza, mi domando quante possano essere quelle che rimangono nell’ombra da qualche parte tra boschi e montagne senza mai venire scoperte. Forse quindi questo fenomeno potrebbe essere più esteso di quanto non ci appaia. È preoccupante, comunque. Gli animali selvatici li penso liberi, sono individui, ciascuno di loro lo è, proprio come noi. Carl Safina nel suo libro Aldilà delle parole (Beyond Words: What Animals Think and Feel, 2015) riferendosi ai lupi, ma non solo, parla di un “chi”, un soggetto, con proprie relazioni e personalità, e questo per me è sacrosanto e vale per ogni essere vivente in grado di autogestirsi, di gestire la sua prole e, ove accade, di gestire non solo il gruppo a cui appartiene ma anche le specie altre con cui viene ad interagire, siano esse prede, predatori, simbionti o quant’altro. Gli animali selvatici non sono una nostra proprietà e nessuno può sentirsi autorizzato a disporre delle loro vite e meno che mai delle loro morti. Sono importanti severe applicazioni delle leggi e, ove possibile, un inasprimento delle pene. Sarebbe altresì necessario, anche se sembra quasi utopico, vietare il commercio e l’uso di armi da fuoco su tutto il territorio nazionale. Ed infine è sempre più, direi oggi, vitale diffondere il più possibile una cultura del rispetto e della conoscenza dei delicati e, ahimè, sempre più fragili equilibri naturali da cui tutti dipendiamo.