Abbattuto a fucilate Pilar, biancone con satellitare
Pilar, uno dei giovani bianconi (Circaetus gallicus) lucani nato lo scorso 2011 e protagonista di un ambizioso progetto di monitoraggio con telemetria satellitare, è stato barbaramente ucciso da bracconieri a metà settembre sullo stretto di Messina, in località Alì Terme. E’ l’ennesima prova, quasi una quotidiana ostentazione della stupidità umana, di quanto deleterio e spregevole sia il bracconaggio “made in Italy”, praticato in modo spesso impunito in tante parti d’Italia e d’Europa. Pochi giorni fa in Toscana anche due rari Ibis eremita, anch’essi facenti parte di un importante progetto europeo finalizzato alla conservazione della specie, sono stati abbattuti da colpi di arma da fuoco in Toscana.
Già nel 2010 il Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, in collaborazione con l’Università spagnola di Alicante, avviò un progetto di ricerca sul Biancone aquila migratrice molto rara che nidifica nel territorio del Parco e sverna principalmente in Africa tropicale, a Sud del Sahara. Nell’ambito di questo progetto, per la prima volta in Italia, in due anni sono stati marcati 5 giovani esemplari mediante l’applicazione di piccole trasmittenti satellitari.
L’utilizzo di questa moderna tecnologia ha permesso di seguire in diretta gli spostamenti di questi rapaci nella migrazione tra Europa e Africa, fornendo utilissime informazioni sull’ecologia e le strategie migratorie adottate, necessarie per l’individuazione di misure per la conservazione della specie. Moltissimi appassionati e persi ricercatori interessati allo studio della migrazione a circuito del Biancone, sono rimasti assai sorpresi quando sul monitor del computer non hanno potuto più seguire gli spostamenti di Pilar tra la Basilicata e la Sicilia dove aveva trascorso il suo primo anno di vita.
Pilar era stato marcato nel suo nido, nel luglio 2011, poco prima dell’involo e nel suo primo anno di vita aveva volato per migliaia di chilometri in perse località dell’Italia centro-meridionale trascorrendo l’inverno e la primavera in un’area della Sicilia centrale.
Sullo Stretto di Messina anche se la barbara “tradizione” di uccidere i migratori primaverili sembra essere diminuita grazie agli enormi sforzi di vigilanza di Associazioni ambientaliste e alle azioni di repressione da parte delle forze di polizia, sono purtroppo ancora frequenti gli episodi di bracconaggio. Ciò è dovuto al fatto che le norme penali italiane sono inadeguate rispetto alla gravità del fenomeno del bracconaggio dove ad esempio, l’uccisione di una specie protetta, come il Biancone, rappresenta un reato “contravvenzionale” punito molto spesso con una multa e soprattutto, agli scarsi controlli attuati sull’attività venatoria in molte aree del nostro Paese, che risultano particolarmente carenti nelle regioni meridionali.
D’altra parte gli abbattimenti illegali di cui si viene a conoscenza, come quello del Biancone Pilar, sono solo una piccola minoranza e testimoniano gli enormi rischi che corrono in quell’area i rapaci migratori e non. Va ricordato che il numero complessivo degli animali abbattuti ogni anno dai bracconieri rimane ancora un’incognita a cui oggi le autorità competenti non sono in grado di dare un valore quantitativo.
Il Presidente del Parco Luigi Lombardi nel commentare questo episodio ha così dichiarato:
“Ancora una volta questi vergognosi gesti di bracconaggio compromettono le perse azioni positive messe in atto dagli enti gestori di aree protette, a cui spetta in primis il compito di attuare studi e programmi per garantire la tutela e la salvaguardia della Natura. Gli sforzi di conservazione compiuti nelle aree di nidificazione (come nel caso di Pilar, nato in Basilicata nel Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane), subiscono ancora una volta un danno irreparabile a causa di atti delinquenziali compiuti da “uomini” che non hanno alcun rispetto del patrimonio naturale e delle normative”.
In questo caso infatti, la spregevole azione dei bracconieri, oltre ad aver colpito una specie particolarmente protetta, ha vanificato tutti gli sforzi di ricerca, anche economici, attuati dopo anni di programmazione a livello internazionale per migliorare le conoscenze sui comportamenti migratori di quest’aquila mediterranea.
Fenomeni di tale gravità sottolineano l’importanza e l’urgenza di rendere più severe le norme nazionali di tutela della fauna e di affiancarvi operazioni concrete e costanti di vigilanza del territorio da parte dei Corpi di Polizia preposti, al fine di contrastare fortemente questi atti di illegalità consolidata, compiuti altresì in epoca di pre-apertura dell’attività venatoria”.
Matteo Visceglia